Genova è attraversata da una fitta rete di gallerie che costituiscono, durante la Seconda Guerra Mondiale, il reticolo dei rifugi sotterranei dove si va a riparare la popolazione nel corso dei bombardamenti.

A partire dal 1942 l‘intensità degli attacchi aerei aumenta particolarmente, provocando ingenti danni e numerosissime vittime. A fronte di tali bombardamenti Genova è sostanzialmente una città inerme intrappolata tra il mare e le montagne.

Le poche batterie anti aree che sono posizionate sulle alture fuori dalla città vengono eluse con grande facilità dai bombardieri alleati che ogni giorno scaricano tonnellate di bombe. Soltanto il 22 ottobre 1942 vengono sganciate 200 tonnellate di ordigni dalle forze aeree britanniche, un vero e proprio incubo a occhi aperti per le migliaia di persone nelle gallerie.

In questo clima di orrore, di angoscia e di disperazione, in cui tutti cercano di salvare a ogni costo la vita propria e dei propri cari, si arriva alla sera del 23 ottobre 1943 quando l’ennesimo allarme fa correre tutti i genovesi verso il rifugio più vicino.

Uno di questi è la Galleria delle Grazie nei pressi di Porta Soprana il cui imbocco è costituto da una scalinata molto ripida in parte all’aperto con dei cancelli che vengono dischiusi quando scatta la sirena che annuncia l’approssimarsi degli aerei. L’ingresso di quella galleria è già stato individuato come rischioso, ripido e scivoloso e per controllarne l’afflusso vengono destinati dei soldati che hanno anche il compito di aprire i cancelli del rifugio.

Quella sera, però, i soldati non arrivano e i cancelli non si aprono. Nella foga qualcuno cade e trascina con sé altre persone in una “slavina” umana che viene ulteriormente e dolorosamente alimentata da tutti coloro che senza sapere nulla giungono di corsa.

Tutti spingono, cercano di entrare, passano sopra ad altre persone pur di mettersi al riparo, trascinando con sé amici, parenti, chiunque. Nell’inferno che si viene a creare quello che ne scaturisce è un massacro di proporzioni inimmaginabili, non prodotto dalle bombe ma dal panico. Secondo le stime ufficiali muoiono 354 persone per schiacciamento o soffocamento e moltissime altre rimangono ferite.

Ma il destino, si sa, alle volte gioca con le carte truccate e per ironia della sorte, quella volta, l’allarme era del tutto infondato. Quella sera, nessun bombardiere aveva preso di mira Genova e nessun esplosivo avrebbe raggiunto la città.

Il giorno dopo i corpi delle vittime vengono allineati nei pressi della Banca d’Italia e una cerimonia funebre collettiva saluta per l’ultima volta 354 esseri umani morti, sostanzialmente, senza alcun motivo. La città ha in parte rimosso dalla memoria collettiva quel triste accadimento e oggi la Galleria delle Grazie è percorsa parzialmente dalla metropolitana.