L'11 novembre 2000, 161 passeggeri e un conduttore si imbarcano sulla funicolare di Kaprun, a pochi chilometri da Salisburgo, per una gita mattutina sulle piste da sci.
Poco prima che il convoglio lasci la stazione inferiore poco dopo le 9:00, una piccola stufa per il riscaldamento delle cabine di guida inizia a surriscaldarsi in quella non presidiata all'estremità inferiore del treno. Il motivo è presto detto, la stufa è stata realizzata per uso domestico e non per essere installata su un mezzo in movimento.
Il surriscaldamento in pochi minuti scioglie i tubi di plastica posti nei pressi della ventola che trasportano fluido idraulico infiammabile dall'impianto frenante. A causa della perdita di pressione del fluido il treno si ferma 600 metri dentro al tunnel mentre il liquido prende fuoco con le fiamme che iniziano a spargersi lungo il convoglio seguendo i tubi che arrivavano all’altra cabina.
Le persone a bordo notano il fumo e cercano di entrare in contatto con l’esterno ma i cellulari non hanno campo e le porte non si aprono. Nel frattempo le fiamme iniziano a sprigionarsi e il panico si scatena nel convoglio inizialmente solo tra coloro che sono più vicini all’evento.
Alcuni minuti più tardi, il capotreno, che è nella cabina all'estremità superiore del treno, si rende conto che è scoppiato un incendio, lo segnala al centro di controllo e tenta di aprire le porte ad azionamento idraulico, ma la perdita di pressione del sistema lo impedisce.
A questo punto, con le fiamme che già sono alte, il conduttore stesso perde il contatto con il centro di controllo, poiché il fuoco ha distrutto il cavo di alimentazione da 16kV che corre lungo la funivia, provocando un blackout totale in tutta la stazione sciistica.
I passeggeri, con l’incendio che inizia a farsi imponente e impossibilitati ad uscire attraverso le porte, tentano di rompere i vetri infrangibili per sfuggire alle fiamme. Dodici persone nel fondo del convoglio riescono ad aprirsi un varco in un vetro rompendolo con un bastoncino da sci e riescono a mettersi in salvo fuggendo verso il basso, oltre il fuoco e sotto il fumo.
Molti degli altri occupanti, ancora intrappolati, perdono intanto conoscenza a causa dei fumi tossici. Quando il conduttore è in grado di sbloccare le porte, consentendo loro di essere forzate manualmente, i passeggeri coscienti si riversano nel tunnel e fuggono verso l'alto, lontano dal fuoco. Il cunicolo, tuttavia, si comporta come un gigantesco altoforno, aspirando ossigeno dal fondo della galleria e mandando rapidamente il fumo velenoso, il calore e il fuoco stesso verso l'alto. Tutti i passeggeri che salgono a piedi, così come il conduttore del treno, vengono dapprima asfissiati dal fumo e poi carbonizzati dal fortissimo fuoco.
Anche il conduttore e l'unico passeggero sul convoglio che stava scendendo dalla montagna nello stesso tunnel muoiono per inalazione di fumi tossici.
Nel frattempo, le esalazioni continuano a salire lungo il tunnel, raggiungendo il centro alpino situato all'estremità superiore della pista a 2.500 metri. Due operai in fuga, dopo aver capito la situazione, allertano dipendenti e viaggiatori e fuggono tramite un'uscita di emergenza.
Purtroppo, nello scappare, lasciano le porte, aumentando l' effetto camino all'interno del tunnel e permettendo all'aria di sfuggire verso l'alto ancora più rapidamente, intensificando ulteriormente l'incendio.
A quel punto, il centro alpino viene riempito di miasmi tossici e tutti tranne quattro persone riescono a mettersi in salvo. I vigili del fuoco giunti sul posti riescono a salvare uno dei quattro, mentre gli altri tre rimangono asfissiati.
I difetti strutturali dei convogli e in particolare la mancanza di meccanismi di sicurezza hanno avuto un ruolo fondamentale nella tragedia. Ogni convoglio aveva gli estintori lontani dalla portata dei passeggeri, in compartimenti sigillati e accessibili solo dal personale.
Non erano stati installati rilevatori di fumo e non c'era campo per telefoni cellulari all'interno dei tunnel, il che significava che i passeggeri non avevano alcun modo di contattare il conduttore.
Tutto questo perché la trazione dei convogli si basava esclusivamente su un sistema meccanico, senza l’utilizzo di alcun liquido infiammabile e perché fino ad allora non si era mai verificato alcun incendio in una funicolare, nemmeno di lieve entità.
Nel disastro morirono in totale 155 persone, 150 sul treno in salita, 2 su quello in discesa e 3 nel centro alpino. Le nazioni maggiormente colpite furono l’Austria con 92 vittime, la Germania con 37, il Giappone con 10 e gli Stati Uniti con 8. Il triste elenco si completò con la Slovenia con 4 morti, i Paesi Bassi con 2 e Regno Unito e Repubblica Ceca entrambe con una vittima.
Una delle persone rimasta uccisa è Sandra Schmitt, 19 anni, sciatrice di freestyle tedesca che all'epoca era la campionessa del mondo femminile nella specialità Gobbe in parallelo. Oltre a lei era presente anche Josef Schaupper, sciatore sordo medagliato per 7 volte ai Giochi olimpici silenziosi.
Per riconoscere i morti è stato necessario l'esame del DNA, poiché le fiamme, con la temperatura che nello stretto cunicolo è arrivata fino a mille gradi, hanno liquefatto e trasformato in cenere le strutture dei convogli ed i poveri corpi delle vittime.
La funicolare non è mai stata riaperta dopo il disastro ed è stata sostituita da una cabinovia. Le stazioni sono state ovviamente abbandonate e il tunnel sigillato e ovviamente oggi rimane inutilizzato.
Il 19 febbraio 2004, il giudice Manfred Seiss ha assolto tutti e 16 gli indagati liberandoli da negligenza criminale. Secondo Seiss non c'erano prove sufficienti per trovare i sospettati responsabili delle condizioni che hanno portato all'incendio. Nel settembre 2007, la procura ha stabilito che nemmeno il produttore della stufa da cui ha avuto origine l’incendio fosse responsabile.