Il 4 aprile 1975 è un caldo venerdì di primavera a Vilnius, nella odierna Lituania.
Alle 16:30 circa il treno 512 a trazione Diesel diretto a Kaunas, lascia la stazione della Capitale con centinaia di persone a bordo. A causa dell'elevato numero di passeggeri, il convoglio viaggia in doppia composizione. La maggior parte dei viaggiatori sono studenti che studiano a Vilnius e che tornano a Kaunas per il fine settimana, similmente a coloro che effettuano lo stesso percorso da pendolari.
In direzione opposta sta viaggiando anche il treno merci 2719 composto da 93 carri, tra i quali anche delle cisterne cariche di gasolio, trasporto molto frequente nei paesi baltici. Giunto nella stazione di Žasliai, il convoglio merci viene preso in deviata per permettere al treno passeggeri proveniente da Vilnius di oltrepassarlo senza fermarsi, essendo la linea a binario unico.
Il 512 approccia alla stazione ma quando mancano solo 20 metri all'entrata nell'impianto, il macchinista nota un particolare agghiacciante. Da quella distanza vede infatti chiaramente che l'ultimo carro del merci non ha superato la sagoma limite e quindi impegna ancora il binario comune per circa un metro.
La frenata è purtroppo inutile e la coppia di automotrici termiche si infila dentro al carro pieno di 60 tonnellate di gasolio aprendo una falla che fa uscire il liquido infiammabile. Basta una scintilla per creare l'apocalisse.
Il secondo elemento dell'automotrice, pieno di passeggeri, sale sopra al primo e prende fuoco mente quello subito dietro ad esso si incastra in un altro carro del treno merci venendo investito da una fortissima fiammata. Dietro di lui deraglia anche il quarto elemento, ponendosi di traverso.
Il fuoco che divampa è enorme. Molti passeggeri che non riescono a scappare rimango imprigionati venendo bruciati vivi, altri vengono quasi subito soffocati dal fumo. Dopo aver sentito il rumore dell'esplosione e aver visto l'incendio, le persone che abitano nei paraggi si prestano per fornire i primi soccorsi, così come i lavoratori dell'azienda di lavorazione del legno di Žasliai, la cui giornata lavorativa è appena terminata. Alcuni si affrettano a chiamare i soccorsi, altri cercano di aiutare coloro che sono imprigionati sul treno, anche se la drammatica situazione impedisce di coadiuvare tutti.
Le persone che indossano vestiti sintetici, che all'epoca sono molto popolari, sono particolarmente colpite: il tessuto si scioglie sulla pelle bruciando e diventando impossibile da strappare, trasformando i poveri malcapitati in torce viventi.
I soccorsi iniziano a portare i feriti negli ospedali mentre la clinica ambulatoriale di Žasliai cerca di fornire assistenza il più possibile, ma mancano sia le medicine che le bende. Nessuno è pronto per un numero così elevato di persone e persino le coperte strappate vengono usate come bendaggi.
Intanto le autopompe dei vigili del fuoco ma anche dei militari iniziano a domare il fortissimo incendio che viene tuttavia spento solo 15 ore dopo l'incidente.
All'epoca la Lituania è ancora parte dell'Unione Sovietica, per cui l'accaduto viene reso noto solo dopo due giorni e minimizzandone l'entità. Inizialmente si parla di 17 morti e 39 feriti ma successivamente, un'indagine riaperta dalla nazione tornata indipendente, aggiorna questo dato a 20 morti e più di 80 feriti.
Secondo alcuni studi, tuttavia, anche questo dato sarebbe sottostimato. Il terzo elemento dell'automotrice in particolare, sarebbe bruciato così tanto che non sarebbero rimaste nemmeno le ossa di coloro che vi erano dentro, rendendo impossibile la conta precisa delle vittime. Qualcuno ipotizza almeno 200, considerando la doppia composizione del treno e il fatto che molti erano rimasti in piedi per l'eccessivo affollamento.
Due sono i ferrovieri giudicati colpevoli del disastro, entrambi condannati alla prigione, ma in seguito emerge che la collisione è stata provocata da malfunzionamenti dei sistemi automatici. Questi avrebbero dovuto avvisare il dirigente di movimento, uno dei due condannati, che il treno merci non aveva liberato di coda lo scambio, impedendo il transito del passeggeri.
Foto Kaišiadorių muziejaus