Sono le 8 di mattina del 1 agosto del 2004 ad Asunción, in Paraguay.
Il supermercato Ycuá Bolaños, inaugurato a dicembre 2001 e situato all'interno di un edificio a due piani, è affollato di persone che fanno la spesa.
Improvvisamente si verificano due successive violente esplosioni al primo piano, che immediatamente generano uno spaventoso incendio. Gli scaffali del supermercato, pieni di merce, prendono immediatamente fuoco e le persone, terrorizzate si dirigono verso le uscite in cerca di una via di fuga.
Le porte però, come verrà successivamente testimoniato da alcuni sopravvissuti, sono state deliberatamente chiuse dalla guardia di sicurezza Daniel Areco, per ordine dei proprietari del supermercato, Juan Pío Paiva e suo figlio, Víctor Daniel, al fine di impedire ai clienti di fuggire senza pagare la merce.
Centinaia di persone rimangono quindi intrappolate in un inferno di fuoco, fumo e gas, prima dell’arrivo dei soccorsi. L’incendio brucia per sette ore prima che i pompieri riescano a spegnerlo. Alla fine il bilancio è di 396 morti e più di 500 feriti.
Vengono aperte le indagini sul disastro per determinare la dinamica dell’incendio e attribuire le responsabilità. Successivi accertamenti rilevano che l’edificio mancava di adeguati sistemi di protezione antincendio, di uscite di emergenza e che i rilevatori di fumo non funzionavano. La causa dell’incendio viene determinata nell’accumulo di fumo e gas nell’edificio, provocati da un forno non adeguatamente ventilato.
Il 5 dicembre 2006, Juan Pío Paiva, Victor Daniel Paiva e la guardia di sicurezza vengono condannati per omicidio colposo alla pena di cinque anni di carcere. Alla lettura del verdetto, scoppia però all’interno dell’aula del tribunale, una violenta rivolta dei sopravvissuti e dei parenti delle vittime che chiedono pene maggiori.
Il malcontento si diffonde nelle strade di Asunción. Il 2 febbraio 2008, viene quindi istruito un nuovo processo, al termine del quale Juan Pío Paiva, viene condannato a 12 anni di carcere, suo figlio Victor Daniel Paiva, a 10 anni, mentre la guardia di sicurezza Daniel Areco, che ha chiuso le porte, viene condannata a 5 anni di carcere.
Sono ritenuti responsabili dell’accaduto anche l’azionista Humberto Casaccia, che viene condannato a due anni e mezzo di prigione per aver messo in pericolo le persone sul posto di lavoro, e l’architetto Bernardo Ismachowiez, che aveva progettato e costruito il complesso, che viene condannato a due anni di arresti domiciliari.
Foto di Tony1940 - Own work, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=7229444